A HOST 2019, IN CERCA DI ISPIRAZIONE

Di idee ne ho sempre troppe, quelle che poi si concretizzano in un progetto, sono troppe anche loro. Però alcune poi riesco anche a portarle a compimento. È il caso della mia linea olio evo e conserve di verdure Zerodue. È un progetto appena agli inizi e, spesso, mi chiedo anche chi me l’abbia fatto fare… Se non sia più grande di me. Certo è che in ogni progetto ho sempre trovato ispirazione e qualche volta anche soluzioni reali, visistando le fiere specializzate. Dopo 2 anni, torno a Host, alla ricerca di nuovi trend, dati e mood questa volta con l’ottica da imprenditore della ristorazione. L’obiettivo è sfocato e lontano, ma intanto mi documento.Solo 2.249 espositori da vagliare, di cui 1.360 Italiani e pare che i buyer profilati siano ben 1.500.Per fortuna la fiera è organizzata per macro aree, che facilitano la selezione. Interessanti per la mia attività la Ristorazione professionale, il bakery e l’arredo tavola. Il caffè lo lascio per la prossima volta.

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SORSI DI LANGHE

Momenti di relax da vacanze nataliezie a casa e succede che un profumo o un sapore ti trasportino lontano e ti facciamo vivere un’esperienza, che è un viaggio articolato nel territorio che l’ha prodotto. Non è facile spiegare la sensazione, ma è un’esperienza che, una volta nella vita, abbiamo vissuto tutti, chiudendo gli occhi e provando quel qualcosa che ci porta, mentalmente, proprio in quel posto. E questa sensazione l’ho riprovata di recente. Ho assaggiato dei vini rossi, prodotti da una persona, che mi sento di definire un amico. Un cliente, con cui ho potuto fare delle esperienze importanti, ma che – per affinità elettive e amore per il gin – è presto diventato altro.

Due milanesi, interisti, che agli antipodi del paese hanno trasformato, in realtà, una passione, lui con il vino in Piemonte, io con l’olio in Puglia, sarà o no un’affinità elettiva?

Pur non essendo un sommelier, la conoscenza e la ricerca di nuovi prodotti, anche in campo vinicolo, è imprescindibile per la mia crescita professionale e delle mie skills. Oggi ho imparato qualcosa di nuovo, gustando un Barolo del 2009. E ho trovato sicuramente un prodotto di eccellenza, sul cui abbinamento vorrei lavorare.

VIAGGIO NELLA CUCINA FRANCESE

Dopo due giorni di immersione nella cucina etnica, che a Parigi non delude mai, mi sono concentrato sulla cucina francese. Si può dire quello che si vuole, che senza uova e burro i cuochi francesi non hanno armi, ma resta una cucina di altissimo livello. Ho scelto di provare dei bistrot che propongono cucina tradizionale, senza andare sulle Brasserie più note, ma preferendo locali più recenti e con pubblico meno turistico.

Al Gai Moulin ho assaggiato maigret di anatra grigliata e al Café de l’industrie ho provato l’anatra in versione confit. In entrambi i casi la tecnica di cottura era impeccabile e le porzioni davvero molto generose, un po’ controcorrente rispetto alle linee guida della ristorazione contemporanea che raccomanda porzioni più contenute e bilanciate. I sapori sono decisi, ma la sapidità dosata correttamente. Forse le pietanze risultano un po’ grasse, rispetto al tipo di cucina che prediligo, come consumatore ma anche come chef. Da un punto di vista professionale assaggiare ricette originali mi aiuta molto ad affinare il gusto, a percepire tutti gli ingredienti e le sfumature di sapore e talvolta è un utile complemento a un corso di aggiornamento, perchè mi permette di replicare i gusti autentici di piatti non della nostra tradizione.

Queste esperienze gastronomiche mi hanno fatto tornare la voglia di cucinare ricette tradizionali italiane e internazionali come il filetto alla Wellington, il ragù di anatra, le patate sablé. Idee che si rincorrono per il mio menù di Natale 2018.

BISTROT CINESE DA URLO

E’ a Parigi, in rue Saint Martin uno dei migliori bistrot cinesi, in cui abbia mai cenato. Il nome è tutto un programma: Trois fois plus de piment. Piccantezza allo stato puro e coda spaventosa per entrare. Il posto è piccolo, con 10/12 micro tavolini e il menù altrettanto mini. Servono ravioli, noodles, asciutti o in brodo in 3 varianti, con peanuts, aglio, peperoncino e varie altre spezie, in perfetta armonia di dolce e salato. Valeva tutti i 30 minuti di coda, al freddo e sotto una pioggerellina da tortura cinese. Basta entrare per essere invasi da profumi intensi che ti farebbero ordinare l’intero menù.

Ho provato i ravioli in salsa sichuanese, livello di peperoncino 1. Aglio a pioggia, gusto pieno e dolce. Poi dei noodles sechè e una soup di noodles Dan dan, con un brodo leggero, ma molto saporito. Attenzione al livello di peperoncino che scegliete. Il livello 1 è stato già un’esperienza difficile da dimenticare.

ALTO SALENTO E IL KARMA DEL FORNO

forno antico2

Il terreno e la vecchia lamia, che ho in Alto Salento, hanno una storia da raccontare, che parla di antiche tradizioni e di vita rurale, una storia che vorrei rivivesse anche oggi, nella memoria della collettività e di chi passa da me. Quando ho comprato il terreno, la casa non era del tutto visibile, perché per oltre metà, era stata inglobata dell’enorme fico, che sorge lateralmente. Con le radici aveva perfino perforato la cisterna dell’acqua, a decine di metri. Sul lato opposto, rispetto alla casa, sorgevano le mangiatoie per gli animali e un un antico forno, costruito con una tecnica tipica, con le pietre in piedi. La cosa particolare è che, in passato, era un forno collettivo, dove la gente della zona portava le proprie pagnotte a cuocere. Era proprio destino che un posto così diventasse di proprietà di uno che lavora in cucina.

A CENA A CEGLIE MESSAPICA

Il fatto di trascorrere un periodo prolungato in Alto Salento, mi offre opzioni di conoscere meglio i dintorni e provare nuovi posti. Si sa che, quando si trascorre poco tempo in luoghi che amiamo, alla fine, si finisce per andar sempre negli stessi locali, per fare il solito giro pastorale.

Piacevole serata trascorsa al Borgo Antico a Ceglie Messapica, situata sulle alture, non distante da San Vito. Architettonicamente è una bella cittadina antica, che mi ricorda Ostuni per il bianco abbacinante e i vicoli in salita. Ma senza la massa turistica che affolla Ostuni. Siamo stati a cena in in localino, situato in un angolo caratteristico, con tavolini all’aperto. Ottimo il rapporto qualità/prezzo, molto sfizioso e ben eseguito il ricco antipasto, accompagnato da un bottiglia di buona qualità. A seguire abbiamo assaggiato una grigliata di carne. Specialmente nell’entroterra bisogna rassegnarsi a consumare carne, è una caratteristica della Puglia, forse meno nota. Siamo abituati alle immagini dei Pugliesi che consumano frutti di mare crudi. Sono le due facce della puglia. Tornando alla cena, la dimensione delle pietanze è abbondante e io ero già sazio al termine degli antipasti. Rispetto alla media dei posti che ho provato finora, senz’altro tributo un punto in più per il modo in cui le materie prime sono state trattate.

CHARING DA MAESTRO CON OPTIGRILL.



Rowenta, per chi non si accontenta. Mai payoff fu più realistico, per la mia esperienza, con la nuova piastra Optigrill. Ho girato il commercial da home economist, quindi tra preparazione e shooting parliamo di 5 giorni io e lei, lei e io, (l’Optigrill ndr).

Ho grigliato verdure, carne, pesce, ho realizzato toast e, con la variante “fornetto”  ho realizzato anche torte salate e non solo. Ho provato tutte le funzioni, da quelle automatiche alle manuali.  Ho cotto alla perfezione, per esercitarmi, tagli di carne congelati, utilizzando l’apposita funzione che legge automaticamente peso e spessore e calcola il tempo di cottura e la temperatura perfetta. La mia assistente è impazzita e ne ha voluto subito uno anche con la funzione bakery. 

Il risultato è una perfetta cottura CHARING, cioè un searing da griglia. La piastra è antiaderente, con scanalature, che conferiscono anche esteticamente un aspetto invitante alla pietanza. La piastra di sotto è lievemente incurvata su una vasca di raccolta estraibile, per liquidi e grassi. Piastre e vasca si possono lavare in lavastoviglie. Donne che non sapete cucinare, non avete più scuse! Uomini pazzi per il bbq, anche senza terrazzo, qui si griglia. 

AFRICAN MOOD A MILANO

La settimana milanese è stata piena di belle cose, le serate con gli amici, le conferme di lavoro e – sorpresona che mi ha riempito di orgoglio – il mio faccione appeso in sala riunioni da On Air! Tra queste metto anche la scoperta del Balafon, piccolo bistrot africano, dove mi ha portato l’amico Hayato. 

Il Balafon è dominato da colori, quadri e sculture africane, con tavoli vestiti di nero, a ribadire il concetto. In sala la mamma, in abito lungo e tessuto tipicamente africano, ma italiana da 30 anni e, in cucina, il figlio, giovane con un enorme sorriso. È questa a ricetta del bistrot, in zona città studi/lambrate, che offre una formula semplice, per fare un salto temporale nel cuore dell’Africa sub sahariana. Il piatto è unico, con carne di manzo, pollo o pesce persico, a scelta. Si aggiunge riso o cous cous e poi si sceglie una salsa a base verdura, che connota i diversi paesi: il Mafe maliano o il piccante zighini eritreo, ma poi c’è anche un curry mild, con latte di cocco e altre opzioni di diversi paesi. Si innaffia il tutto con birra alla banana, al cocco o alla palma, ma esistono anche birre non aromatizzate. Intrigante è il succo di zenzero fresco. I piatti sono ben eseguiti, con materie prime fresce, tanta verdura e un bel bouquet di spezie. Si aggiinge, a chiudere, una bella atmosfera creata dalla simpatia dei prorietari. Presto tornare. Dopo J’s Hiro, il Dawali e la Collina d’oro, eccolo 4* posto, nella top 5 dei miei ristoranti etnici del cuore (che sta molto vicino allo stomaco). 

BARBRUTO. 

Recentissima apertura in via SanMansueto, zona Bocconi, a due passi dal Pravda, il Barbruto, serve birre artigianali e panini gourmet. È  il tipico posto che mi piace, arredato anni 50, con le sedie colorate in formica, cornici vuote alle pareti, due enormi lavagne con food and drink e un bartender barbutissimo, in camicia a scacchi che spilla birre, col braccio tatuatissimo. Una cosa curiosa i keg della birra alla spina in bella vista. Ho notato che usano i nuovi in PET monouso, che sono una delle novità tecniche dell’ultimo anno. Sono leggeri e riciclabili. Divertenti i nomi delle birre tra cui spiccano Ambroes, seriial Keller e Scarliga. 

Password Wi-Fi in bella vista e cuore disegnato alla parete, con tanto di valvole e capillari sotto cui spicca una perla di saggezza di quel gran filosofo contemporaneo di Jep Gambardella.

Veniamo alla sostanza: i panini sono ben calibrati, sostanziosi e belli croccanti, serviti su un taglierino in legno griffato barbruto.

Un neo? La.colonna sonora in puro cantautore nazionale, che non è proprio il mio stile. Si vede che questo barbruto, sotto sotto deve avere un cuore romantico e intellettuale.

PAVÈ BREAKFAST. 

In via della Commenda ha aperto un nuovo Pavè, dedicato al breakfast.Uno come me, che non ha mai fatto colazione, salvo un metro quadro di focaccia, se capita, oggi non rinuncia a un buon cappuccino e un croissant fragrante e burroso, almeno quando sono in relax. Proprio relax mi ha trasmesso questo Pavè break. Ambiente chiaro, laboratorio a vista sul fondo e prodotti come cioccolato o biscotti a marchio proprio incartati con carte colorate ispirate a Marimecco. I prodotti da forno e la.pasticceria si confermano all’altezza della reputazione del brand.