Il binomio fiere e cibo – l’ospitalità italiana per eccellenza – è un consolidato delle aziende nazionali, che espongono all’estero. In questi anni, in cui le manifestazioni fieristiche vivono una fase di ripensamento e attualizzazione, anche questo fenomeno sta cambiando. Infatti l’esigenza di avere, non solo, del buon cibo da offrire ai clienti allo stand, ma uno chef che cucina live, solo per loro, diventa, ogni giorno, più forte. Sono, in particolare, le fiere tecniche, quelle di macchine e componentistica, che si stanno affacciando a questa modalità di approccio fieristico al cliente. È un modo per farlo sentire seguito a 360° e per fornire un’immagine dell’azienda, fortemente customer oriented. È l’equivalente dell’invito a cena a casa.

È un ruolo in cui mi trovo a mio agio, un palcoscenico in cui cucinare one to one come in una Izakaya postmoderna. Si cucina, senza segreti, in condizioni mai ottimali, davanti ai clienti, si raccontano storie di ricette, tecniche e materie prime, si percepisce l’apprezzamento e si risponde alle curiosità dei presenti. È un mix di adrenalina ed endorfine, che ti porta a dare quel qualcosa di te, che si ritrova nei piatti che servi. Come un attore a teatro, quando si alza in sipario, accendi l’induzione e vai in scena. Devi solo non dar troppo peso a quella vocina, nella testa, che ti sibila, senza sosta, che non sei più solo uno chef, ma l’immagine che il tuo cliente sta offrendo della propria azienda.

Breve storia di un’esperienza arricchente ed emozionante a IVS 2019, per Valvitalia, con l’eccellente organizzazione di Wes, Luca Gregoli Group.

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